Il linguaggio è un po’ criptico ma esprime un’idea che si sta diffondendo, purtroppo anche all’interno del mondo cattolico, e che mette in discussione l’unicità del progetto di Dio sull’amore umano attraverso l’unione di un uomo e di una donna. Sono veramente convinti, nel gruppo Alle querce di Mamre, che due uomini o due donne possano egualmente costruire una relazione affettiva pienamente cristiana, come quella che fonda il matrimonio?
E ancora: quale deve essere il corretto rapporto fra l’aiuto e l’accompagnamento che si deve comunque a una persona con un orientamento omosessuale e il fatto che ogni uomo abbia una natura sessuale definita, espressa nella frase della Scrittura “maschio e femmina li creò”?
Sarebbe normale chiedere una risposta al Magistero della Chiesa, trattandosi di un gruppo riconosciuto dal vescovo, anche se ad experimentum, e nel sito del gruppo il Magistero viene riconosciuto come fondamentale, tanto che «il gruppo si impegna a conoscerlo ed approfondirlo, sebbene non si limiti ad esso».
Tuttavia sorge il dubbio se il Magistero sia stato effettivamente tenuto in considerazione, oppure se si è andati un po’ troppo in là nel “non limitarsi ad esso”.
Non solo, ma la stessa Lettera della Congregazione indica ai responsabili delle diocesi quali atteggiamenti pastorali tenere di fronte al problema: la citazione è lunga, ma merita di essere letta completamente perché sostiene il contrario di quanto si sta praticando in molte diocesi. «Questa Congregazione incoraggia pertanto i Vescovi a promuovere, nella loro diocesi, una pastorale verso le persone omosessuali in pieno accordo con l’insegnamento della Chiesa. Nessun programma pastorale autentico potrà includere organizzazioni, nelle quali persone omosessuali si associno tra loro, senza che sia chiaramente stabilito che l’attività omosessuale è immorale. Un atteggiamento veramente pastorale comprenderà la necessità di evitare alle persone omosessuali le occasioni prossime di peccato».
«Vanno incoraggiati quei programmi in cui questi pericoli sono evitati. Ma occorre chiarire bene che ogni allontanamento dall’insegnamento della Chiesa, o il silenzio su di esso, nella preoccupazione di offrire una cura pastorale, non è forma né di autentica attenzione né di valida pastorale. Solo ciò che è vero può ultimamente essere anche pastorale. Quando non si tiene presente la posizione della Chiesa si impedisce che uomini e donne omosessuali ricevano quella cura, di cui hanno bisogno e diritto».
«Un programma pastorale autentico aiuterà le persone omosessuali a tutti i livelli della loro vita spirituale, mediante i sacramenti e in particolare la frequente e sincera confessione sacramentale, mediante la preghiera, la testimonianza, il consiglio e l’aiuto individuale. In tal modo, l’intera comunità cristiana può giungere a riconoscere la sua vocazione ad assistere questi suoi fratelli e queste sue sorelle, evitando loro sia la delusione sia l’isolamento».
Naturalmente l’insegnamento della Chiesa serve a impostare la risposta, ma il problema rimane. Vi sono persone, giovani soprattutto, con tendenze omosessuali indesiderate, vittime dello sfascio della famiglia, dell’assenza del padre soprattutto, come attestano diversi studiosi. Il numero di queste persone aumenta e aumenta anche il numero di chi, fra loro, si rivolge ad ambienti cattolici per ottenere aiuto, spesso ottenendo risposte evasive o peggio false, come se la loro condizione non presentasse dei problemi. Queste persone non potranno essere veramente aiutate tacendo loro la verità sull’uomo: andranno aiutate a ricordare l’amore di Dio nei loro confronti e bisognerà mostrare loro la massima solidarietà. Ma non a prezzo della verità. Sarebbe la peggior cosa che si potrebbe fare.