Prima si converta (realmente e pubblicamente) e poi, forse, vedremo le sue “opere d’arte”

Non sempre mi trovo daccordo con Marco Tarquinio -e piu in genere con Avvenire – ma credo  sia leggittimo (ancorchè irrilevante, lo so)  che un anonimo bamboccione della bassitalia nel suo anonimo e sconosciuto blog osi dir tanto. E, giusto per chiarire, spesso dissento da certe firme dell’osservatore (di più: trovo incredibile che certe persone scrivano sul giornale della Santa Sede) ma sono ben consapevole che OR non è la Chiesa di Cristo (di cui sono umile servo ubbidiente) e avvenire non è la cei. Certi semplicismi superficiali li lascio ai superficiali-appunto- e/o ai faziosi.

Epperò in questo caso -l’intervento sul numero odierno- sono assolutamente daccordo, in tutto e per tutto, con quanto scrive. Non aggiungo altro. Riporto le parole di Marco Tarquinio. Che non è la Chiesa e non è il Vaticano ma ha scritto delle cose sacrosante ed inconfutabili. Spiace che altri giornalisti abbiano perso -o non abbiano mai avuto- la libertà  di ragionare, di scegliere e di pubblicare. Credo sia la sventura più triste per un giornalista. Specie se cattolico.

Qualcuno potrebbe dire “e perchè non una parola per “difendere” de mattei? Mah, ognuno fa le sue scelte. E’ talmente evidente che la campagna denigratoria sulfurea non era contro lui ma contro Cristo e la Sua Chiesa. Nel merito: de mattei, in quella trasmissione radiofonica, non ha detto eresie e neppure stupidaggini (e padre Livio, del resto, sarebbe subito intervenuto come ha fatto in altre circostanze). Ho letto, semmai, stupidaggini nei commenti (sia “pro” che “contro”). E mi è parso strano che nessuno abbia ricordato che,  in ginocchio prima della assoluzione, diciamo testualmente “perchè peccando ho meritato i tuoi castighi”.

 

Vabbè: comunque questo l’intervento odierno di Marco Tarquinio

http://www.avvenire.it/Lettere/Un+film+discusso+i+lettori+e+noi_201104190713272100000.htm

 

 

Interroga e provoca diversi (e persino opposti) pareri l’ultimo film di Nanni Moretti. Si dirà che questo è quanto un’opera che aspira a essere d’arte può e deve fare, anche se non sempre ci riesce. Ma io – che ancora non ho trovato tempo e modo per vedere “Habemus Papam”, e che ho già affidato alla critica bella e acuta di Marina Corradi la “lettura ufficiale” della pellicola (Avvenire, venerdì 15 aprile) – lascio volentieri la parola ad alcuni dei lettori e amici che ci stanno scrivendo in proposito con gusto, passione e – requisito essenziale – rispetto e buona creanza. Secondo un costume che è regolarmente praticato sulle pagine di Avvenire e anche altrove, ma che altrove – quando è Avvenire a praticarlo – suscita evidentemente stupore e soprattutto clamore.

Me ne occupo, qui, proprio per questo.La lettera aperta di Salvatore Izzo, valente vaticanista dell’Agi (una delle principali agenzie di stampa italiane), proponeva domenica scorsa un punto di vista argomentato e diverso dal nostro, con una proposta di “boicottare” il film morettiano articolata con la verve caratteristica di quel collega giornalista che conosco e apprezzo da tempo. Per questo gli ho assegnato, in questa pagina di dialogo, il nobile spazio che – di quando in quando – diamo a liberi contributi, interni ed esterni al giornale, di quel tenore (“In cauda venenum”) o di tenore opposto (“Dulcis in fundo”). Siamo fatti così, guarda un po’, noi giornalisti del quotidiano d’ispirazione cattolica. E lo facciamo così, questo giornale.

Con la libertà di ragionare, di scegliere e di pubblicare anche opinioni altrui, a volte pure in forma di “ripresa” da altri giornali. Perché ricordo quello che i nostri lettori sanno già benissimo? Perché quella mordace lettera è diventata la “parola” di questo giornale. Salvatore Izzo da qualcuno è stato addirittura proclamato sacerdote, anzi “Monsignore”. Potrei alzare le spalle e persino sorriderci su… Ma poi, domenica sera, in tv, qualcuno ha proposto a Moretti stesso una domanda sull’«editoriale di Avvenire» (testuale) che avrebbe proposto il boicottaggio preventivo del suo film… Adesso, qualcuno dirà che me la prendo sempre con Fabio Fazio e con il suo programma.

Ma che cosa ci posso fare se Fazio fa spesso e volentieri operazioncine di questo tipo? Come posso non ricordare che è stato Fazio ad aver fatto finta di non vedere un mese di campagna di Avvenire («Fateli parlare») per chiedergli di dare voce in un suo programma di successo anche ai malati (e ai loro familiari) descritti come «vite indegne» da chi aveva fatto scelte di tipo eutanasico? E come faccio a non ricordarmi di aver personalmente scritto in quell’occasione almeno tre editoriali (che forse erano davvero «di Avvenire») per chiedergli non di portare in tv «portavoce» di un qualche movimento, ma di fare intelligentemente e onestamente spazio a storie vere (e silenziate) di sofferenza, di solidarietà e di bellissima resistenza umana e civile al dolore e all’abbandono di disabili e malati gravi? Come faccio a non rammentare di aver avuto per tutta risposta una paradossale “lezione” sulla libertà di chi non fa posto nei suoi programmi (e Avvenire quando mai glielo aveva chiesto?) a «portavoce di movimenti pro-life»? Insomma, gli editoriali di Avvenire sono tali, e meritevoli d’attenzione, solo quando lo decide Fazio. Forse semplicemente (e legittimamente, ci mancherebbe) lui Avvenire non lo legge. Il problema è che quando non vuole – o non può – evitarlo, ne parla lo stesso, a sproposito.

Quasi come Moretti che dice – a quanto pare anche a noi – «prima andate a vedere il mio film». Beh, è esattamente quello che i nostri critici hanno fatto, e Moretti in realtà lo sa. Risposta furba, la sua, a una domanda sbagliata e furbetta. I nostri lettori, che stupidi non sono, hanno deciso – o decideranno – in tutta libertà che cosa farsene di questa storia di celluloide. Io avrei ancora intenzione di andare a vederla (da cronista vado sempre alla “fonte”), ma se continua così mi faranno passare la voglia…<+cap_chiaro>I<+nero_bandiera>nterroga e provoca diversi (e persino opposti) pareri l’ultimo film di Nanni Moretti. Si dirà che questo è quanto un’opera che aspira a essere d’arte può e deve fare, anche se non sempre ci riesce. Ma io – che ancora non ho trovato tempo e modo per vedere “Habemus Papam”, e che ho già affidato alla critica bella e acuta di Marina Corradi la “lettura ufficiale” della pellicola (Avvenire, venerdì 15 aprile) – lascio volentieri la parola ad alcuni dei lettori e amici che ci stanno scrivendo in proposito con gusto, passione e – requisito essenziale – rispetto e buona creanza. Secondo un costume che è regolarmente praticato sulle pagine di Avvenire e anche altrove, ma che altrove – quando è Avvenire a praticarlo – suscita evidentemente stupore e soprattutto clamore. Me ne occupo, qui, proprio per questo.

La lettera aperta di Salvatore Izzo, valente vaticanista dell’Agi (una delle principali agenzie di stampa italiane), proponeva domenica scorsa un punto di vista argomentato e diverso dal nostro, con una proposta di “boicottare” il film morettiano articolata con la verve caratteristica di quel collega giornalista che conosco e apprezzo da tempo. Per questo gli ho assegnato, in questa pagina di dialogo, il nobile spazio che – di quando in quando – diamo a liberi contributi, interni ed esterni al giornale, di quel tenore (“In cauda venenum”) o di tenore opposto (“Dulcis in fundo”). Siamo fatti così, guarda un po’, noi giornalisti del quotidiano d’ispirazione cattolica. E lo facciamo così, questo giornale. Con la libertà di ragionare, di scegliere e di pubblicare anche opinioni altrui, a volte pure in forma di “ripresa” da altri giornali. Perché ricordo quello che i nostri lettori sanno già benissimo? Perché quella mordace lettera è diventata la “parola” di questo giornale. Salvatore Izzo da qualcuno è stato addirittura proclamato sacerdote, anzi “Monsignore”. Potrei alzare le spalle e persino sorriderci su… Ma poi, domenica sera, in tv, qualcuno ha proposto a Moretti stesso una domanda sull’«editoriale di Avvenire» (testuale) che avrebbe proposto il boicottaggio preventivo del suo film… Adesso, qualcuno dirà che me la prendo sempre con Fabio Fazio e con il suo programma. Ma che cosa ci posso fare se Fazio fa spesso e volentieri operazioncine di questo tipo? Come posso non ricordare che è stato Fazio ad aver fatto finta di non vedere un mese di campagna di Avvenire («Fateli parlare») per chiedergli di dare voce in un suo programma di successo anche ai malati (e ai loro familiari) descritti come «vite indegne» da chi aveva fatto scelte di tipo eutanasico?

E come faccio a non ricordarmi di aver personalmente scritto in quell’occasione almeno tre editoriali (che forse erano davvero «di Avvenire») per chiedergli non di portare in tv «portavoce» di un qualche movimento, ma di fare intelligentemente e onestamente spazio a storie vere (e silenziate) di sofferenza, di solidarietà e di bellissima resistenza umana e civile al dolore e all’abbandono di disabili e malati gravi? Come faccio a non rammentare di aver avuto per tutta risposta una paradossale “lezione” sulla libertà di chi non fa posto nei suoi programmi (e Avvenire quando mai glielo aveva chiesto?) a «portavoce di movimenti pro-life»? Insomma, gli editoriali di Avvenire sono tali, e meritevoli d’attenzione, solo quando lo decide Fazio. Forse semplicemente (e legittimamente, ci mancherebbe) lui Avvenire non lo legge. Il problema è che quando non vuole – o non può – evitarlo, ne parla lo stesso, a sproposito. Quasi come Moretti che dice – a quanto pare anche a noi – «prima andate a vedere il mio film». Beh, è esattamente quello che i nostri critici hanno fatto, e Moretti in realtà lo sa. Risposta furba, la sua, a una domanda sbagliata e furbetta. I nostri lettori, che stupidi non sono, hanno deciso – o decideranno – in tutta libertà che cosa farsene di questa storia di celluloide. Io avrei ancora intenzione di andare a vederla (da cronista vado sempre alla “fonte”), ma se continua così mi faranno passare la voglia…

TRATTO da  “Avvenire” di martedì 19 aprile 2011 (http://www.avvenire.it/Lettere/Un+film+discusso+i+lettori+e+noi_201104190713272100000.htm )

 

Prima si converta (realmente e pubblicamente) e poi, forse, vedremo le sue “opere d’arte”ultima modifica: 2011-04-19T11:47:00+02:00da dematteiscosimo
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