La mia solitudine è colorata d’azzurro come il mare,
quando il mare dipinge la sua grandezza
la mia solitudine è accompagnata da immagini incancellabili
incancellabili come dipinti d’autore
la mia solitudine è racchiusa da incantesimi
incantesimi d’una fata
la mia solitudine è circondata da voci
da voci di un coro angelico
la mia solitudine è soffocata da ricordi
da ricordi vanamente ineguagliabili
la mia solitudine è soffusa di colori
colori ingenui e delicati come il cuore d’un bimbo
la mia solitudine è illuminata da una stella,
una stella lucente che arde e tace
la mia solitudine è viva
perché palpita con me all’aprirsi di ogni alba
la mia solitudine accompagna il vento della notte
come un gabbiano che affida il suo messaggio all’infinito
La mia solitudine, invece, non esiste.
Non esiste ancora.
Ma son già abbastanza vicino ad averne paura.
La mia solitudine, dicevo, non esiste.
Non esiste davvero.
La mia solitudine se arriverà sarà certo tremenda.
Ma ora non esiste.
E ne ringrazio Dio.
La mia solitudine, però, giungerà.
Perché siamo umani, fratelli. Creature.
La mia solitudine –che però ancora non esiste- mi ricorda i tempi della scuola.
La mia solitudine forse esiste. O forse no: la solitudine è prosa o poesia?
La mia solitudine, per farla breve, non esiste.
Ma è forte –fortemente inesorabile, proprio come lei- il ricordo.
La mia solitudine arriverà. Come arrivò la adolescenza.
E l’aveva detto la prof (ecco il ricordo di scuola).
“siete ancora bambini ma arriverà una fase in cui…eccetera eccetera”
Io dicevo –pensavo- “ma no, non arriverà per me”.
Ed invece è giunta, altroché se è giunta.
La mia solitudine sarà una senescente adolescenza.
E nessuno mi darà il conforto di gradir stì versi.
Ed io invece credo d’aver scritto chissà chè.
Ben mi sta.