Un alchimista targato New Age:
un esame critico de “L’alchimista” di Paulo Coelho
(lo si sapeva già 16 anni fà)
Di che tesoro, esattamente, si tratta? Qui il romanzo, già debole nella trama, si riduce a un’antologia dei luoghi comuni diffusi nella letteratura del New Age. La nostra vita non dipende dal destino; a ognuno è data la sua Leggenda Personale ma pochi le sono fedeli. Al contrario, “realizzare la propria Leggenda Personale è il solo dovere degli uomini”.Quando ci si mette d’impegno per realizzarla, “tutto l’Universo cospira affinché tu realizzi il tuo desiderio” e ti mette sulla giusta via tramite le “coincidenze”, che sono in realtà segnali. Tutto, infatti, è legato da un filo misterioso di corrispondenze come insegna la Tavola di smeraldo, la sintesi di tutto il sapere esoterico: tutte le cose (dalle pietre ai deserti e alla Terra) hanno un’anima che comunica con l’Anima del Mondo, che tutto governa e nutre. Accedendo all’Anima del Mondo si acquistano poteri straordinari che consentono di realizzare la Leggenda Personale.
Non si può fare a meno di chiudere L’Alchimista con un senso di fastidio. La Terra come essere vivente, le coincidenze che ci guidano, il panteismo dell’Anima del Mondo, la Leggenda Personale come unica etica (e il peccato e la morale come grandi assenti): tutti temi letti e riletti in centinaia di testi neo-esoterici, romanzi e no, che la voga del New Age ha portato a invadere le librerie di tutto il mondo. Sull’onda del successo de La profezia di Celestino di James Redfield è sbarcato in Occidente anche L’Alchimista, testo non recentissimo che rappresentava piuttosto una volgarizzazione dei temi del New Age ad uso delle periferie dell’Impero: dei paesi (come il Brasile in cui è nato) dove questa moda americana è arrivata in ritardo. Dal punto di vista sociologico il successo de L’Alchimista non è irrilevante, e mostra come – nonostante l’obiettivo declino del New Age – una macchina propagandistica internazionale sia ancora in grado di trasformare in best seller le più trite banalità. I comuni lettori hanno invece il diritto di cominciare ad essere stufi.
Stufi non perché la visione del mondo esoterica (che ha una rispettata tradizione letteraria in Occidente, da Blake a Yeats) produca necessariamente cattiva letteratura: fra i romanzi del 1995, per esempio, il Memnoch the Devil di Anne Rice (che certo annuncia una cosmologia esoterica ed eterodossa di sapore gnostico) merita di essere considerato seriamente, e anche tentativi italiani come La trama dell’angelo di Igor Sibaldi si prestano almeno a qualche discussione interessante. Stufi, però, della cattiva letteratura che scala le classifiche dei best seller paludandosi di temi esoterici banalizzati e ridotti a moda dal New Age (né migliore sorte hanno i temi religiosi, come dimostrano sia la letteratura di terz’ordine oggi corrente in tema di angeli sia gli stessi riferimenti evangelici e biblici de L’Alchimista).
Quello di Paulo Coelho non è neppure un romanzo esoterico: è un centone di luoghi comuni neo-esoterici, immersi nello zucchero e nel miele dell’ottimismo obbligatorio nel New Age, al servizio di una grande operazione commerciale internazionale. Non credete alla pubblicità: questo Alchimista non merita di essere preso sul serio.
di Massimo Introvigne
(da “Avvenire”, 20 settembre 1995)